Accanto alla fisioterapia più comunemente conosciuta – ovvero quella che si occupa essenzialmente di ciò che rigurda l’aspetto ortopedico del recupero funzionale delle normali facoltà motorie di un individuo – vi sono altre tipologie di interventi riabilitativi che investono altri sistemi e apparati dell’organismo umano.
Quello più spesso sollecitato – perché più facilmente soggetto a danni da traumi o da malattie – è il sistema nervoso centrale.
La riabilitazione neuromotoria è una disciplina molto specifica, che necessita di una preparazione specifica per poter essere svolta nella maniera corretta.
In comune con la riabilitazione a carattere ortopedico, ha lo scopo finale, ovvero la restituzione al paziente del massimo standard di qualità della vita raggiungibile, di un accettabile livello di indipendenza e, in estrema sintesi, del minimo indispensabile di dignità.
Tale compito appare molto spesso particolarmente arduo da raggiungere, dal momento che i danni neurologici vengono riassorbiti con estrema difficoltà e, spesso, lasciano delle tracce visibili anche sul lungo periodo.
Tuttavia, con le giuste terapie e un po’ di pazienza, anche i soggetti affetti da gravi deficit possono recuperare gran parte delle funzionalità perdute.
Sarebbe impossibile sintetizzare in poche righe i protocolli e le metodologie messi in atto nei casi di riabilitazione neuromotoria.
Sintetizzando all’estremo, possiamo affermare che tali metodologie sfruttano una caratteristica del sistema nervoso centrale denominata neuroplasticità.
In sostanza, si tratta della capacità, da parte del suddetto sistema, di riorganizzarsi autonomamente per ridistribuire le mansioni un tempo svolte dalle sue parti danneggiate.
In altre parole, quando il nostro sistema nervoso subisce un danno, i gruppi di cellule attorno alla porzione lesa si fanno carico autonomamente delle funzioni attribuite a quest’ultima: una sorta di supplenza che scatta in automatico e che, ovviamente, tende a compensare fin dove questa duttilità riesce ad arrivare. Pertanto, non dobbiamo pensare che a seguito di un ictus o di un’ischemia il nostro cervello riprenda in breve tempo, e in totale autonomia, a funzionare come prima.
Tuttavia, è possibile incoraggiare, accelerare, indirizzare e rafforzare questo processo attraverso una serie di stimolazioni ben precise.
La riabilitazione neuromotoria si occupa proprio di incentivare questo lavoro della sostanza grigia (la materia cellulare di cui è fatto il sistema nervoso centrale), in modo da ottenere risultati apprezzabili e progressi visibili in un tempo relativamente breve (sempre in relazione all'entità del danno, è bene sottolinearlo).
In quali casi è necessario intervenire con un protocollo di riabilitazione neuromotoria? Purtroppo, la casistica è abbastanza ampia.
Di seguito i casi di specie più tipici e/o ricorrenti:
A queste – e altre – patologie, bisogna aggiungere tutti i danni da trauma a carico del sistema nervoso oltre una certa entità, con particolare riferimento alla colonna vertebrale e al cranio.
Detto che le varianti applicative possono essere innumerevoli e vanno valutate caso per caso, in genere una terapia di riabilitazione neuromotoria si articola in due fasi:
Ovviamente, anche in questo caso, oltre alla figura del terapista, il paziente dovrà beneficiare di un attento e costante controllo medico.
Tale controllo dovrà avere un carattere multidisciplinare: data la natura del danno, infatti, al fisiatra dovrà necessariamente affiancarsi un neurologo.
Dott.ssa Antonietta Moreschi
Via Don Gerolamo Avanza 8 27037 Pieve del Cairo (PV)